Bombetta e mustacchi hipster: ascoltando Chronological dei Caravan Palace, si torna indietro di un secolo. Per non arretrare di un secondo.
Chronological suona bene. E si capisce subito, perché gli undici brani del disco scivolano via come fossero di un EP. La gioia potente dell’elettro-pop estivo caratterizza l’ultimo lavoro dei Caravan Palace, e va a comprimere la vena retrò e grammofonica d’impianto. Casse rettilinee, synth gagliardi, sprazzi di ritmiche trap, mosaici colorati e digitali, ex-novo e innesti da restauro musicale: ce n’è di materiale, e i Caravan lo miscelano in modo da non poter distinguere passato, presente e futuro. Cerchiamo di capire quello che è uscito fuori.
Miracle apre il sipario, tra l’influenza dei connazionali Air e un’intenzione danzereccia. About You sviluppa il piglio: una tastiera fracassona interviene nel chorus a scaldare i piedi. Moonshine è costruita intorno ad un giro di chitarra, che si attenua ma non si esaurisce mai: uno dei migliori brani del disco! Come il temperamento associato alla solitudine, Melancolic vuole essere il pezzo riflessivo, ma ci riesce solo in coda con il dialogo tra la ritmica trap e la parte di piano. Plume è la hit da radio, con la base quadrata e i vocals che cementificano il ritmo.
Assume un tono più funky Waterguns, grazie ad una chitarrina, l’armonica distorta e il coro finale. Leena suona più storto, almeno per il beat. I suoni sembrano ottoni in liquefazione: prodigiosa la frasetta della cantante nella seconda metà del pezzo, che modula e apre ad una scenetta glitch. Supersonics rimane forse il brano più vicino alle vette del mitico Panic: echi dei Fine Young Cannibals e Damon Albarn risuonano per tutto il pezzo. Il passaggio strumentale di Ghosts si apprezza per l’atmosfera diafana che evoca. In chiusura, April aggancia una celebrazione jazz-swing della primavera (una April in Paris registrata con le app), e poi esplode in un chorus catturante.
Chronological dei Caravan Palace è una carrozza addobbata a festa, ed è un piacere salirci sopra. Gli arrangiamenti sono costruiti come una fiaba di Perrault: didascalici, genuini e coinvolgenti. Per come si svuotano, si riempiono, e distribuiscono la tensione, sono esemplari nel genere.
Qui la componente swing è divorata (e digerita) dall’elettro di tendenza, e sebbene si possano apprezzare le pluralità di stili e voci, a soffrirne è un po’ l’identità del gruppo parigino. Non fraintendiamoci: la musica che scaldava le piste negli anni ‘20 si fa sentire in Chronological, ma rischia anche di rendersi una fodera preziosa, e non il traino del gruppo.
C’è comunque il french touch, e possiamo continuare a fare gli hipster serenamente.
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