In una serata autunnale (da me almeno, da lui è pieno pomeriggio) faccio una chiamata ad un amico scandiccese oltreoceano, Lorenzo Bellini. Lo chiamo per sapere come sta, avere qualche aggiornamento e per sapere qualcosa di più sull’ultimo album che ha da poco pubblicato.
Love Grain è l’ultimo lavoro di Lorenzo Bellini, pianista e compositore jazz. Si è da poco diplomato allo storico Berklee College of Music di Boston, e ora prosegue gli studi con il Master.
Nella sua avventura americana non ha un minuto libero: lavora in una wedding band, ha il suo trio con cui fa serate e suona i propri brani, e collabora con un’artista coreana. Insieme a lei ha progetti importanti: a gennaio farà uno show nella sede della NPR a Boston, e ha in cantiere anche un tour nella East Coast, per la prossima estate. Come se non bastasse, lavora anche come organista in una chiesa di Boston, esperienza che definisce “unica e bellissima”.
Da tutto questo fermento, la domanda sorge spontanea e un po’ tautologica. L’America è davvero la terra dei sogni per la musica?
In Italia ci sono musicisti molto bravi e competenti, mi dice. A pesare è una limitatezza di innovazione e sperimentazione. In America si punta a valorizzare l’innovazione, la musica è sentita come un linguaggio da comprendere e padroneggiare, non solo come un qualcosa di ludico e leggero, oppure al contrario di imbalsamato e museale.
La voglia di andare a sentire la musica muore con una mentalità così, e su questo mi trovo d’accordo.
Però l’Italia, e in particolare la Toscana, rimane un bacino di immagini ed ispirazioni irrinunciabili per la sua musica. Da qui nasce infatti Love Grain.
Grano d’amore

Questo ultimo lavoro rappresenta un qualcosa che fa parte da sempre della sua vita: tutte le composizioni sono legate alle radici toscane e all’amore per le campagne intorno Firenze.
Una natura che non è selvaggia, ma che tra tutti i paesaggi è quello che maggiormente riesce a mostrare la forza ordinatrice della mano dell’uomo, la cultura e la sua arte: la campagna toscana è gestita, amata, sofferta e curata da una volontà.
Questa intenzione che si coglie ad ogni angolo genera armonia e bellezza, e in questo contatto con la natura si realizza un contatto tra l’uomo e l’Assoluto. Attraverso la cura del campo e della terra è possibile un gesto di amore, che trascende il singolo individuo e rimane alle generazioni successive.
Una bellezza non solo da contemplare quindi, ma botanicamente da coltivare, arare, potare e sfrondare. Come il jazz di Lorenzo, che al primo ascolto appare fresco e spontaneo, ma che è il frutto di intensi anni di studio e di una notevole abilità di composizione, per poter prendere la forma che ha oggi.
Musicalmente parlando, Lorenzo sfoggia un pianismo alla Hiromi e alla Chick Corea, per avere un riferimento tra i grandi. Nell’album pervade la ricerca di un accostamento tra melodia e accordo non tonale, qualcosa che sia armonioso ma che tenda ad uscire dalla tonalità. In questo Jacob Collier è un’influenza totale, mi dice. Personalmente ci sento anche Lyle Mays, lo storico pianista di Pat Metheny, per l’armonia ariosa e gli spazi aperti.
Love Grain di Lorenzo Bellini si può ascoltare come un album a due facce: una è quella tradizionale acustica di un trio jazz, quindi basso, piano, batteria. L’altra faccia della medaglia è l’indirizzo fusion ed elettrico, e in alcuni brani si incrociano di più. I brani senza voce, a mio giudizio, hanno una marcia in più, e mi sento di dover ricordare la “snarkypuppyana” Immo e Look At You, che inizia ballad e poi impenna con la dinamica.
Dai musicisti che ha selezionato, Lorenzo ha cercato di tirare fuori i maggiori punti di forza. E tutto il lavoro non sarebbe stato possibile senza Hilloc, mi confessa alla fine, un ragazzo australiano di origine asiatica: lui ha mixato l’album mostrando una grandissima pazienza e professionalità.
Vola il tempo quando si parla di musica. Ci salutiamo, e quando chiudo la chiamata rimango per un istante con un sorriso a guardare lo schermo ormai abbuiato.
Ad un ragazzo che riesce a trasportare le colline di Scandicci in America sopra le sue note, che trova nelle immagini e nei ricordi della Toscana un motore per creare bellezza, non si può che fare un grande, grandissimo in bocca al lupo.
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Sei di Scandicci anche tu?
Sì!
Allora siamo quasi conterranei! 🙂 Colgo l’occasione per consigliarti questo indimenticabile film: https://wwayne.wordpress.com/2020/03/01/un-uomo-coraggioso/. L’hai già visto?