Spesso cerco di dare un ordine alle mie esperienze di lettura e ascolto.
Poi però penso alle spugne: stanno ferme, non programmano nulla, ma alla fine dell’anno sono completamente diverse da come erano all’inizio.
Anche se sono tra gli esseri viventi più semplici del pianeta.
Anche se assorbono la sporcizia.
Perché sono vive.
In qualche modo, anch’io sono arrivato così a dicembre. Un po’ cambiato. Non solo da ciò che ho cercato, ma sicuramente da ciò che mi ha attraversato.
Questo post è il tentativo di raccontare questa trasformazione.
Letture per il podcast

Qualcuno mi ha chiesto: hai frequentato un corso specifico per preparare il podcast? Assolutamente no. Però mi sono letto un paio i libri in merito.
Un testo che ho trovato davvero di grande aiuto è questo: Le Regole di Scrittura di un testo radiofonico, di Carlo Emilio Gadda. Pensavo di trovarlo datato, inutilizzabile, e invece quante verità ci sono qui dentro!
Brevissimo, si termina in un’ora di lettura al massimo, il testo è pensato come un breviario di buone pratiche per la scrittura di un testo radiofonico. Quando è uscito erano gli anni ‘50, e i podcast esistevano solo sotto forma di trasmissioni radiofoniche, ma le varie pratiche citate funzionano benissimo per crearne uno.
Ad esempio:
“La parentesi è un espediente grafico, e soltanto grafico. […] Sono perciò da evitare le parentesi, gli incisi, gli infarcimenti e le sospensioni sintattiche. La regìa si riserva di espungere dal testo parentesi e incisi e di tradurli in una successione di frasi coordinate”
Molto interessante poi il fatto che un testo destinato ad un uso pratico, finito nelle mani di Gadda, diventi qualcosa di più, un’intersezione tra parola scritta e voce (questi interregni bellissimi!).
Infatti, oltre a fornire un elenco numerato di grande aiuto per gli aspiranti podcaster, il testo offre anche qualche pagina di raffinata prosa gaddiana.
L’altro testo che consiglio è Finding Your Voice in Radio, Audio, and Podcast Production, di Rob Quicke. Purtroppo si tratta di una lettura in inglese, ma la struttura che ha, organizzata in maniera chiara e pragmatica, la rende accessibile anche per chi ha una conoscenza base della lingua.
Di questo libro ho apprezzato tantissimo l’insistenza sulla ricerca della propria voce.
Prima ancora delle questioni tecniche e delle sperimentazioni audio, il podcast secondo Quickie dovrebbe nascere come un mezzo per cercarsi, per ascoltarsi e sentire quando suona autentica la propria voce. L’obiettivo di condividere contenuti arriva in un momento successivo; quello di diventare ricchi e famosi, forse, mai.
Se non avete ancora ascoltato il mio podcast, potete (ehm, dovete) rimediare!
Musica per leggere (e scrivere)
Confesso un mio guilty pleasure: mi piace molto ascoltare musica mentre scrivo, oppure leggo, ma sono piuttosto selettivo nel farlo (diffidate sempre di chi vi dice: “ascolto un po’ di tutto”).
Intanto la musica che fa da sottofondo alla scrittura deve essere assoluta, cioè una musica strumentale, senza parole, come la definisce Peter Kivy nel saggio Filosofia della musica.
Musica possibilmente rilassante, come standard jazz, elettronica ambient o beat hip-hop. Invece in questo 2025 mentre scrivevo ho ascoltato un sacco di techno, soprattutto quella degli albori di Detroit.
Mi sono finito la discografia dei Kraftwerk, a cui ho dedicato un intero articolo. Poi i Model 500 di cui ho adorato le tracce più “spacey”, i Cybotron e il progetto Drexciya.
Questi ultimi artisti mi hanno colpito sia per la loro musica, sia per la loro storia: legami nati durante il liceo, amicizie create intorno alle macchine per fare suoni.
Ascoltandoli mi sono ricordato i primi pomeriggi chiusi in una stanzetta a spippolare in due o tre con il sequencer e le tastiere MIDI, credendo di aver scoperto un nuovo pezzetto di storia della musica. Che bellezza!
Come accennavo prima, l’elettronica ambient resta la mia preferita da avere in cuffia quando scrivo. Certi paesaggi sonori mi aiutano a concentrarmi e isolarmi dal resto del mondo, sono perfetti per un’attività di raccoglimento interiore come la scrittura.
Il difetto, o il pregio, di questo genere è quello di scorrere dentro una playlist come un flusso ininterrotto di tracce senza nome consigliate dalla piattaforma di ascolto.
Quest’anno invece ho salvato un artista dalla pila dei “senza nome”, con una frenata degna di un film di azione: ehi Spotify, fermati! Stoppa la riproduzione e torna subito al brano precedente.
È così che ho incontrato Photay.
Photay nasce come batterista a New York, ma presto si dedica al sequencer. La sua musica ha un senso dell’evoluzione e della dinamica davvero notevole! Consiglio fortemente l’ascolto di Windswept, il suo ultimo album.
Se state scrivendo, o leggendo una descrizione in un libro, la vostra pagina si arricchirà, diventerà una tela scossa dal vento e dai respiri.
Romanzi, romanzi, romanzi: provare a leggere come uno scrittore
Tappare i buchi. Non è un’espressione molto elegante, però rende l’idea, non è vero?
Quest’anno mi sono dedicato a tappare i buchi, cioè a recuperare quelle letture che ancora dovevo iniziare e/o portare a termine, soprattutto i classici.
A fine 2024 ho avuto la fortuna di frequentare a Firenze un workshop sulla scrittura creativa guidato da Vanni Santoni, più un corso sulla lettura che uno sulla scrittura.
Da qui mi sono portato a casa consigli su decine e decine di titoli da leggere, insieme ad un suggerimento davvero interessante: leggere, da scrittore, significa costruire un percorso di letture.
L’idea è quella di riuscire ad individuare una serie di libri di cui nutrirsi per sviluppare una propria voce, e poter dare vita così ad un nuovo libro. Nulla nasce dal nulla.
Sono ripartito dalla letteratura inglese, con Dickens: il Circolo Pickwick, data la sua dimensione non esattamente tascabile, mi ha creato spavento al primo impatto, ma alla fine si è rivelato spassoso e variopinto, per le situazioni e i personaggi. Ho proseguito il percorso con Virginia Woolf, di cui ho letto Orlando e Gita al Faro, vere e proprie palestre di descrizioni e flussi di coscienza.
Sono restato in Europa leggendo Fame di Knut Hamsun e Niels Lyhne di Jacobsen, immergendomi nelle storie di formazione della letteratura scandinava, fredde solo nella superficie di una prosa levigata e curatissima come la cresta di un fiordo.
Sono volato oltreoceano, sulle pagine di Mentre morivo di Faulkner. Lui ha il brutto vizio di partire in quarta e incasinare il cervello del lettore, ma una volta superata la densità dei suoi personaggi, il tono cupo e insieme biblico da southern gothic, questo libro regala un campionario di tipi umani. Insieme a Cormac McCarthy, di cui ho letto Trilogia della Frontiera, mi ha riportato nelle terre del deep south degli Stati Uniti.
Tornando a casa, non ho sopportato Seminario sulla gioventù di Aldo Busi: l’ho trovato veramente pomposo, e anche se il protagonista poteva essere interessante, mi ha annoiato molto.
Nonostante la noia, anche questo libro è riuscito a cambiarmi un po’: cercavo un romanzo di formazione da leggere, e l’ho trovato, ma non come mi aspettavo: un cambiamento stagnante, cervellotico, sapientemente osceno.
Hip – hop da recuperare
Dopo averci dedicato una tesi sul campionamento e la cultura hip-hop, questo genere non mi resta né mi resterà mai indifferente.
Anche qui, non mi piace tutto quanto: faccio caso alla strumentale, se ha groove, se ha spinta e bei suoni. E poi c’è ovviamente il testo, che deve raccontare una storia.
Sono ripartito dalla roba più old school e neo soul. Pensavo di aver raschiato il fondo del barile, invece in mezzo al fango e all’indifferenza delle playlist, c’erano ancora delle perle.
Fantastic vol. 2 degli Slum Village è una di queste, con la manina fatata di J Dilla e i suoi due amici del muretto di Detroit. Se dovessi consigliare “roba che spacca” direi un disco così. Non so, quella linea di basso sensuale in Get Dis Money o la baldanza di un pezzo come I Don’t Know. Roba bellissima.
Un’altra delle anime soul e R’n’B volata via quest’anno è quella di D’Angelo. Ascoltate un disco come Voodoo: sarete investiti da un suono pieno. Caldo, vivo.
Tornando nel Belpaese, ho apprezzato il ritorno rap di Neffa, con Canerandagio e altre collaborazioni, quelle con Shokka in 60 Hz II, anche se la voce del “guaglione” suona volutamente stanca e invecchiata, forse riflettendo una stanchezza generale del genere.
Queste “neffate” mi hanno portato a rispulciare altre collaborazioni, anche se non di ultima uscita, album come Localz Only, prodotto da Fritz da Cat. Che disco!
Un discorso a parte lo merita Murubutu e il suo ultimo album, La vita segreta delle città. Soffro inevitabilmente di una crisi di identificazione non corrisposta con lui (che è professore, musicista e scrittore), per cui le aspettative sono molto alte.
Questo album tutto dedicato al mondo urbano l’ho ascoltato per settimane, e anche se non arriva alle altezze di Storie di amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali, regala qualche traccia del miglior Murubutu, come La caduta di Costantinopoli. Con il prof. in cuffia, il rap sale in cattedra.
Libri di musica che mi hanno cambiato
Parlando dei libri di musica che ho letto nel 2025 e mi hanno scosso, devo ricordare La visione techno – umanità, neomacchine, futuro. Questa raccolta di saggi dedicata alla nascita della musica techno non si limitano a fare una cronistoria del genere, ma riescono a restituire un mondo pulsante in evoluzione.
Purtroppo ancora non esiste una traduzione italiana, ma Dilla Time, di Dan Charnas, resta un altro libro che fa effetto prima/dopo.
Qui la vita del produttore hip-hop J Dilla è il main topic, ma la vera ricchezza del libro resta l’approfondimento sulla complessità del contesto che l’ha generato: l’urbanistica di Detroit, le evoluzioni tecnologiche nella sintesi del suono, la creazione della drum machine, e l’arrivo dell’hip-hop. Complessa anche l’analisi dell’eredità che Dilla ha lasciato.
A questo, si aggiungono spaccati di teoria musicale: ad esempio, le pagine dedicate alla poliritmia, al micro-ritmo, sono illuminanti. E sono utili, perché cambiano la prospettiva di come ascoltiamo la musica, e, aspetto ancora più interessante, sono comprensibili anche da chi non ha una formazione musicale.
Dentro un brano musicale può riflettersi sia la teoria, sia la società nella sua interezza. E nessuno meglio di Mark Fisher riesce a cogliere questo paradosso conoscitivo. I suoi scritti da critico musicale raccolti in Scegli le tue armi vanno oltre la sua critica al capitalismo neoliberista.
Dei musicisti indie, scrive che:
“Non sono in grado di sopravvivere senza persuadere i consumatori di essere alternativi a qualcosa, del fatto che da qualche parte esiste una zona di mediocrità condivisa, compiaciuta e convenzionale non ancora occupata da loro.”
Ogni raccolta dei post dal mitico blog k-punk, pubblicata in Italia da Minimum Fax, mi ha cambiato un bel po’ !
Altri esseri viventi in movimento, altre esperienze di lettura e ascolto
Quest’anno è stato un anno di cambiamenti per molti dei creativi che conosco. Molti di loro hanno pubblicato nuovi album e lavorato a nuovi brani, che ho ascoltato con piacere.
Tra gli amici che fanno musica, segnalo Source, l’ultimo disco jazz di Lorenzo Bellini, Vivere la vita degli altri, ultimo album degli Oodal, e il folk floreale di Indigo.
Direi che esco soddisfatto da questo 2025 come spugna!
Infine la domanda nel mese, a cui puoi rispondere nei commenti qui sotto.
Come sono state le tue esperienze di lettura e ascolto nel 2025? Assenti? Insopportabili? Travolgenti? Si parlano loro? Si urlano addosso e si strappano i capelli?




