Filosofia e scrittura: tutta la verità della finzione

Condividi il pezzo!

Senti mamma, sono in un podcast! In questa puntata della Taverna di Platone, dialogo con Lorenzo e Matteo sul rapporto tra filosofia, scrittura e letteratura.

Si tratta di un rapporto abbastanza tormentato, quasi di amore e odio, una tensione in qualche modo inscindibile che si snoda attraverso i secoli con filosofi bravissime a scrivere, come Platone, Kierkegaard, Nietzsche, e altri invece famosi per avere uno stile difficile, ostico, un po’ grigio.

Per esempio Kant era accusato da Heine di avere uno stile arido, quasi “da carta da pacchi”.

La Taverna di Platone è il mio podcast di filosofia preferito, per cui “bando alle ciance”: cominciamo subito.

Le Città Invisibili: verità e racconto

le città invisibili il milione di Marco Polo

Taverna di Platone (Lore + Matte). Guido, che rapporto c’è tra filosofia e scrittura?

Allora, partendo proprio dal tema di cui vogliamo cercare di chiarire il rapporto, posso dire che è un rapporto molto stretto, quello tra filosofia e scrittura, o se la vogliamo dire in maniera più ampia, filosofia e arte. E vorrei partire proprio da un esempio letterario, da un libro di narrativa (che poi narrativa e basta non è): le Città Invisibili di Italo Calvino, un autore a me molto, molto caro.

Allora, in questo romanzo, un romanzo un po’ particolare, Marco Polo racconta all’imperatore della Cina, il grande Kublai Khan, che ha visitato delle città meravigliose dal nome di donna, che lui ha visto durante le sue visite a questo impero sterminato. 

Quindi, noi abbiamo questi due personaggi, il Kublai Khan, l’imperatore, che conosce la vastità del suo impero, grazie ai racconti che gli fa Marco Polo. Ora, questa raccolta di racconti fantastici, secondo me porta delle questioni molto rilevanti per noi. 

Ci possiamo chiedere: ma quello che racconta Marco Polo all’imperatore della Cina si può definire come vero? Ma cosa si intende in questo caso per ‘vero’? Marco Polo racconta un’esperienza vissuta in prima persona, cioè lui ha vissuto degli eventi e li racconta, oppure quello che lui sta raccontando all’imperatore della Cina è una rielaborazione fantastica personale ?

Quindi, se il racconto ha qualche forma di verità, di quale si tratta? 

Potremmo dire che esistono vari piani di realtà e verità che entrano in gioco nella letteratura, e senza che ce ne siamo realmente accorgendo stiamo già sprofondando dentro la filosofia.

Una comunicazione senza corpo: Barthes e il grado zero della scrittura

Roland Barthes grado zero scrittura coltivare terra

Taverna di Platone (Lore + Matte). Puoi spiegare un po’ meglio cosa c’entra precisamente la scrittura in tutto questo?

Allora, intanto la scrittura comincia dalla ricerca di un io che scrive, cioè è sempre un proiettare se stesso, quello che l’autore mette in gioco.

Nella scrittura c’è una proiezione di un io con cui ci si identifica e allo stesso tempo in questa ricerca di un io c’è anche la ricerca di un pubblico, di un destinatario

In questo senso la scrittura è comunicazione ma una comunicazione molto particolare, come la definisce Roland Barthes: una comunicazione con l’altro ma senza l’altro. La soggettività di chi scrive e chi legge, nella scrittura, sono presenti in modo disincarnato, cioè con l’assenza del proprio corpo. È una speciale presenza-assenza.

Sempre Barthes, nel saggio celebre sulla scrittura, Il grado zero della scrittura, dà una definizione meravigliosa, secondo me, della scrittura. La paragona ad un’attività estremamente terrena, cioè alla coltivazione della terra.

Lui in questo testo dice che, quando lo scrittore scrive, è come se incidesse il solco del campo da coltivare con il significato della parola, mentre il lettore raccoglie il significato con l’occhio che legge.

Questa definizione rende bene l’idea di come sia questa strana comunicazione attraverso la scrittura.

La verità della finzione: il ruolo dell’immaginazione tra filosofia e scrittura

immaginazione pensiero scrittura

Taverna di Platone (Lore + Matte).A questo punto dobbiamo provare indagare anche quello che è l’altro elemento che c’è in gioco nel rapporto tra scrittura e filosofia: di quale tipo di verità parliamo quando abbiamo a che fare con un testo? 

Direi che è la verità della finzione, che è una sorta di gioco di parole. Ma che vuol dire? 

Dobbiamo prendere in considerazione proprio la parola ‘finzione‘, che non significa bugia, falsità, ma indica un atto immaginativo, un’immaginazione costruttiva che noi utilizziamo anche nella vita di tutti i giorni, nel senso comune, ad esempio quando raccontiamo una barzelletta.

È un qualcosa che sta alla base anche della rappresentazione che avviene nelle scienze, e parte dalla nostra esigenza di creare delle immagini. Potremmo un po’ paragonarla all’immaginazione di Kant come (Einbildungkraft), cioè una capacità di creare immagini. In questo senso, l’immaginazione ha un ruolo nella scienza, quindi è legata ad una creazione della verità.

La scrittura tiene insieme sia l’aspetto che potremmo dire estetico-poetico, cioè: io creo un testo che ha un’autonomia interna che è vero, potremmo dire, dentro di sé, cioè crea un mondo, crea una dimensione testuale che ha un suo peso, ha una sua oggettività.

Allo stesso tempo però il testo, e con poi tutte le implicazioni che testo oggi vengono usate (ad esempio un film è un testo come lo leggono i semiologi nella versione espansa del testo) diventa anche un’opera comunicativa, e quindi ha delle valenze retorico-persuasive. Non solo il testo ti sta dicendo: io sono vero, ma ti vuole anche convincere che sia vero. Quindi la scrittura ha l’aspetto di una verità interna/estetica, e di una persuasione di verità.

Scrittura, filosofia e verità interna

Taverna di Platone (Lore + Matte). Cosa c’entra la creazione della scrittura con la verità della filosofia, e in che modo si crea una verità quando te vuoi esporre in un testo?

Scrivere è un’attività complessa e molto filosofica, perché per scrivere ci dobbiamo raccogliere in noi stessi.

Lo si può fare in tanti modi diversi: chi lo fa su carta, chi preferisce farlo computer, però, sempre un atto di isolamento e raccoglimento si tratta, quindi condivide anche proprio l’azione con quella del pensiero, però così c’è anche una sorta di convivenza di verità e di bugie insieme, cioè verità e menzogna sono dentro al testo e al linguaggio. 

La potremmo vedere filosoficamente sotto l’occhio di qualche grande.

Ad esempio il gioco linguistico di Wittgenstein, oppure ad esempio come suggerisce Putnam con il suo realismo interno, cioè il fatto che un testo abbia una sua valenza autonoma di verità per una certa comunità di persone. 

Non lo so, per fare un esempio a me viene in mente sempre il mondo creato da Tolkien e tutta la fandom che ha generato, che è un mondo chiuso estremamente coerente, chiuso al mondo reale in cui viviamo e proprio per questo ha una verità profondissima, però si possono fare anche degli esempi fuori dalla letteratura perché la scrittura, ricordiamocelo, non è solo letteratura

La verità della storia e la verità della filosofia si incontrano nella scrittura

scrittura narrazione storia seconda guerra mondiale

Prendiamo un concetto storico per fare un esempio, come ad esempio quello della Seconda Guerra Mondiale

Beh, noi la possiamo conoscere attraverso l’insieme di testi che derivano da una ricerca storiografica e consapevole sul fatto storico della Seconda Guerra Mondiale

Se ci pensiamo, noi conosciamo sempre un evento storico del passato attraverso la scrittura, però questo non vuol dire ridurre tutto il passato ad una mera favoletta (come certe interpretazioni anti-realiste del postmoderno hanno sostenuto). Significa invece che abbiamo un accesso al passato attraverso una finzione, attraverso la scrittura.

Non è un caso che la nascita della storia coincida con la nascita della scrittura.

Tutto ciò che viene prima della scrittura è considerato preistoria, quindi esiste un legame profondo tra queste due, c’è un legame anche tra verità storica, scrittura, verità filosofica e anche la creazione appunto di un testo che abbia ovviamente delle basi consapevoli su delle fonti. 

Il linguaggio come casa instabile della ragione

linguaggio scrittura pensiero

Taverna di Platone (Lore + Matte). Il testo, prima di essere immagine, è parola. Quindi secondo te qual è a livello profondo, filosofico, il rapporto tra scrittura e linguaggio? 

Il tema del linguaggio è un tema importantissimo che lega la scrittura con la filosofia. Nietzsche è stato il primo forse che ha fatto notare come nel linguaggio noi usiamo costantemente delle figure retoriche, delle metafore, e che ci sia una sorta di “ferita immaginale”, un’espressione bellissima.

Significa che lo strumento che utilizziamo per costruire i nostri ragionamenti, il linguaggio, di fatto è infestato da imponderabili irrazionalità.

Questo ci dice due cose: la prima è che la casa della ragione è stata costruita in una sorta di zona altamente sismica, poco sicura, che è quella del linguaggio.

La seconda è che nel linguaggio, e a noi interessa soprattutto in questo caso il linguaggio scritto, è sempre attiva una tensione una tensione, la tendenza cioè che la parola scritta di diventare immagine, suono o colore. 

Anche qui vorrei farvi un esempio citando un altro saggio di Calvino molto bello, Cibernetica e fantasmi, in cui lui l’autore dice che nella letteratura c’è se pre una lotta per uscire dal linguaggio.

Perché la scrittura tende in qualche modo a immobilizzare, a registrare quello che immobile non è, cioè le impressioni e l’esperienza dello scrittore. Questo è un mio parere però secondo me quando ci chiediamo: qual è una buona scrittura? Questa scrittura è buona, o bella? 

Alla fine di questo ragionamento possiamo dire che noi abbiamo esperienza di buona scrittura quando, leggendo le parole, queste ultime svaniscono, e dentro la nostra mente si proietta un film.

👉 Continua a leggere la seconda parte: Fare filosofia oggi: dal saggio, al blog e al podcast.


Bibliografia

  • Barthes R., Il grado zero della scrittura, Einaudi, Torino, 2003.
  • Calvino I., Le Città Invisibili, Milano, Mondadori, 2006.
  • Calvino I., Cibernetica e fantasmi. Appunti sulla narrativa come processo combinatorio, in «Una pietra sopra», Mondadori, 2023.
  • Scarpelli F., In Un Unico Mondo: Una Lettura Antropologica Di John Searle, Torino, Rosenberg & Sellier, 2016.
  • Topolski J., Righini R., Narrare La Storia: Nuovi Principi Di Metodologia Storica, Milano, Mondadori, 1997.
  • Wittgenstein L., Della Certezza, Torino, Einaudi, 1999.

Condividi il pezzo!

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *