Cosa spinge un uomo ad uccidere se stesso? Cosa spinge davvero un uomo ad uccidere altri uomini? E cosa spinge un uomo ad uccidere se stesso, uccidendo altri uomini? Travis Bickle, l’eroe di Taxi Driver, non è un terrorista e neppure un uomo in carne ed ossa.
Eppure il personaggio che prende vita sullo schermo grazie alle menti di Paul Schrader e Martin Scorsese, menti feconde dalle letture di Dostoevskij e Sartre, può suggerire un punto di vista attuale sulla questione eterna ed insolubile.
Travis è un tassista newyorkese e uno dei tanti volti anonimi (se non avesse il volto di Bob De Niro) che vorticano per la grande mela. Un’anima del nostro tempo quarant’anni addietro (nel film siamo nel ’76 e il fantasma Vietnam resiste ancora forte).
Un Nessuno che cerca disperatamente di diventare Qualcuno.
Travis è, in poche parole, un uomo solo. Anche se il lavoro che svolge lo obbliga a stare vicino alle persone, non è in contatto con loro: vive separato dal mondo dei vivi che lo circondano come il separé nello yellow cab divide il conducente dal passeggero. (“Egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso” Alexis de Tocqueville, La democrazia in America)
Le strade trafficate costituiscono una buona metafora del successo: qualunque passeggero, in quanto cliente, esige il percorso più breve verso la propria meta, verso la propria felicità. E non importa in fondo che a guidare sia un afroamericano, un sikh o un reduce del Vietnam, l’importante è che chi guida assicuri l’efficienza del percorso.
Perché, percorso più lungo= tassametro più salato= minore felicità.
Piuttosto cristallino no? Ma ecco che la logica e infantile chiarezza del Sogno Americano partorisce un Assurdo, un punto di vista che scalcia mentre pulisce il culo agli altri punti vista, e fa di un ordinario e incognito professionista uno schizzato traghettatore di anime: Travis Bickle.
Le pesanti ore di servizio notturno sembrano denudare i costi necessari a costruire quelle torri così alte. Da quale altezza, o meglio distanza, le luci piovono gerarchiche sul parabrezza della vettura?
La gente di Brooklyin, di Harlem, del Bronx, la gente delle strade sembra incline invece alla bassezza, al degrado, al vizio: sono coloro che non ce l’hanno fatta ad essere i migliori e a occupare un posto con la propria targa in una di quelle torri. Travis sente di non voler far parte di quella gente e la disprezza, per quanto la loro condizione sia affine alla sua: “Un giorno o l’altro verrà un diluvio universale e ripulirà le strade una volta per sempre” ripete mentre sta al volante.
Tantomeno il nostro (anti)eroe può sperare di appartenere al popolo del giorno luminoso, quello delle lunghe code ai semafori, dei lunghi caffè e degli uffici dalle lunghe scrivanie densamente ordinate. Deve comunque tentare.
Invano. Perché la pornografia, il cibo scadente e le situazione grottesche o al limite della paranoia rimangono il condimento giornaliero della dieta di un alienato, condimento talmente malato e sporco che neppure l’amore per una donna può sperare di addolcire. Fino alla decisione estrema di farla finita.
Siamo convinti di aver costruito la società migliore, quella che trova nella vita il bene più prezioso. Tuttavia è anche la società che trova nell’Individuo il bene più prezioso: entrambe le aspirazioni non sempre e non facilmente riescono a convivere.
Chi si lancia sotto al treno in corsa folle sperando di farlo deragliare ecco, paradossalmente, proprio in quel preciso istante diventa Qualcuno davanti alle nostre telecamere, imprimendo il suo nome carico di terrore nel subconscio animale di noi spettatori/passeggeri fino a che il sanguinario successivo, suo pari ma anche suo concorrente, non lo sostituisce, gettandolo nel dimenticatoio.
Come l’epilogo di Taxi Driver suggerisce, la concretizzazione dell’odio verso l’Altro con il compimento di una strage consente, ironicamente, la vincita di un biglietto d’ingresso per il mondo dell’Altro (“Il miglior modo di appartenere ad una comunità è quello di non farne parte”, come ricorda David Foster Wallace).
La celebre scena dello specchio, quella dove Travis prova ad estrarre la pistola e a mimare la sparatoria, è tanto efficace quanto carica di auto-referenzialità: esprime il diktat latente di mostrarsi e dimostrarsi, di mettersi in scena davanti ad un pubblico che altro non è che se stesso.
Perché le motivazioni religiose sono fette di prosciutto a buon mercato che rendono ciechi, impedendo di comprendere i reali interessi politico-economici che animano certi fenomeni di natura collettiva.
Ma ecco che tutti i motivi determinanti e i moventi diventano ciechi allo stesso modo quando si arriva a prendere certe decisioni nello scantinato buio della propria mente, e chissà cosa può succedere quando si lasciano a rimuginare a lungo in uno scantinato buio uomini soli come il protagonista di Taxi Driver.
Bibliografia
Alexis de Tocqueville, La democrazia in America, UTET, 2014.
Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, Einaudi, 2014.




