Sogni. Racconti di sogni. Parole in musica che provengono da quella zona d’ombra imprecisata che è la tarda notte. Stiamo parlando di Late Night Tales, il Mix Album pubblicato per l’omonima etichetta e curato da Jon Hopkins.
Si tratta di una release assai corposa sia per dimensioni, sia per i nomi coinvolti (Teebs, Nils Frahm, Letherette, Four Tet, tanto per citarne solo alcuni) tra i quali lo stesso Hopkins: il musicista e produttore inglese infatti, dopo aver vantato la collaborazione con artisti dal calibro dei Coldplay e di Brian Eno, si conferma nel 2013 con Immunity, pubblicato per Domino Records.
Poter definire il genere esatto di “Late Night Tales” costituirebbe un’offesa al concept che lo permea: come il pittore si avvale di una tavolozza di colori diversi per comporre un paesaggio, così Jon Hopkins lavora il suo tessuto musicale notturno attingendo qua all’ambient, là al pop più dreamy, ora all’electro pulsante, adesso alla sperimentazione e persino al folk.
Le tessere che compongono il mosaico sono quindi una diversa dall’altra, ma prese nell’insieme costituiscono un unicum sapientemente orchestrato, un flusso direzionato con carattere e coerenza da un tocco di maestria.
Dal punto di vista del sound soprattutto si avverte il talento di Hopkins nel bilanciare le voci degli strumenti più o meno virtuali, con voluta predilizione per qualche nota di synth e intensi accordi di pianoforte.
Ed è proprio un intro di piano mellifluo ad introdurci dentro questa lunga fiaba con “Sleepers Night Theme; dopo essersi lasciati cullare per un pò dagli arpeggiatori della fresca “Hold me Down” l’attacco di “Yr Love” ci getta sospesi tra la meditazione e l’azione.
La scelta è inevitabilmente la prima al sopraggiungere del suono di un’arpa che inserisce “Verbena Tea with Rebekah Raff”, un beattone del californiano Teebs in puro stile Brainfeeder.
Le dita sulla tastiera di Nihls Frahm muovendosi riescono a spalancarela porta di un ricordo velato, un concreto sogno lasciato alle spalle: nella flemma di More si respira l’alba.
Le prime luci del nuovo giorno arrivano sulle note di “I am Daylight”, ma è una luce dalla tinta seppia e particolarmente folk in una vena psichedelica (quanto ricorda All i have to do is dream degli Everly Brother!).
“Daniel in the Sea” rende bene quel momento di meraviglia che si prova nell’assistere al risveglio del mondo mentre “Babe” e “After Dawn” richiamano le energie di chi ha vissuto la notte sulla propria pelle. Il piano di Hopkins costituisce la spina dorsale “I remember”, una splendida cover degli Yeasayer a cui si accompagna quell’istante di consapevolezza che è “Hey Maggie”.
La voce di Alela Diane in “Lady Divine” non può non rincuorarci e pompare speranza: per la seconda volta una traccia così genuinamente acustica risulta perfetta nel contesto.
Piuttosto deludente invece il pezzo di Four Tet “Gillie Amma, I love you”: ok la psichedelia ma qui l’ossessione del suono rischia di diventare stucchevole .
L’atmosfera così intima e spontanea che Nils Frahm assembla con il remix di “And It’s Alright” rientra sicura nelle trame dell’album, mentre Gold Panda riesce ad alzare un po’ il tiro nella sua versione di “Before Tigers”.
In chiusura, una graduale discesa verso l’interiorità e la memoria più remota ci conduce fino ad “I remember”: qui il racconto si fa poesia e la musica parola. La voce di Rick Holland, storico collaboratore di Brian Eno, affiora recitando così su un tiepido tappeto sonoro:
“I remember the tone the sunlight made, reflecting as it did.The first breath of late night morning here. [..] And each breath gets golden remembrance of a fireside tale inside: safe but boundless. [..] No essential measure of beginning or belief: no escape and no relief. But safe, safe as shapeless.”
Late Night Tales con Jon Hopkins costituisce una perla unica nel suo (non) genere: è molto più di un semplice Mix Album perché oltre al gusto per la scelta delle singole parti si avvale soprattutto della ricerca e della creazione di un dialogo tra queste.
Certo si può notare che il magnetismo della prima parte della release non riesce a perpetrarsi con vigore fino alla fine: si poteva forse dire tutto con qualche brano in meno.
Eppure in fondo la tarda notte ha durata indefinita, è un intervallo talmente relativo da essere senza tempo: qualche ulteriore manciata di sensazioni non potrà che costituire una salvezza, una salvezza senza forma. Buon ascolto.
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