Parasite: Koreans do it better

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Possiamo essere davvero chi vogliamo, anche se siamo bravi a fingere? Se abbiamo un piano infallibile nel cassetto? Parasite dimostra di no.

La puzza di vecchio ravanello del Padre non se ne va via, almeno finché qualcuno non la può più avvertire. La cosa spassosa infatti è che non siamo neppure condannati in partenza: il finale lo dovrebbe far capire. Sembra esserci, per quanto ristretto e scomodo, uno spazio di scelta.

Dovessi trovare un tema in comune agli unici due film coreani che ho visto (questo e Ferro 3 – La Casa Vuota), sarebbe quello dell’usurpazione della sfera domestica.

La casa/famiglia è una metafora neanche troppo velata della società (e di metafore in questo film ce ne sono parecchie), perché la famiglia è la prima forma di società in cui siamo introdotti, e quella che ci condiziona più a lungo.

Ci sono delle accortezze di forma, oltre che di messaggio, che meritano di essere menzionate: Parasite è una storia che parla di famiglia, società e di attualità, ma lo sguardo che la racconta non è affatto sociologico, né vicino al documentaristico.

Il linguaggio è quello del grottesco, del surreale e del metafisico. I personaggi sembrano usciti da un romanzo di Dickens, o di Joyce, o di Robert Louis Stevenson.

Via via che agiscono e si sviluppano, questi ricalcano una traccia e una categoria, che sia un archetipo o uno stereotipo: troviamo il trickster, l’aiutante, la madre apprensiva, il buono e il cattivo padre di famiglia… quasi a sottolineare il processo ineluttabile, a spirale, di un ruolo che sceglie al loro posto. Più sembrano liberi, e più sono dannati.

Questo rimane valido finché si rimane sul piano di un atteggiamento naturale, finché non avviene una consapevolezza che rompe l’abitudine, come una massa critica che genera la dura redenzione.

La città stessa, viene raccontata attraverso l’ambientazione del seminterrato, e poi quello della villa.

Quartieri bassi e quartieri alti, nel mezzo non c’è altro. Chi è il parassita di chi? Ma sotto, nascoste e invisibili, agiscono forze che si ignorano, naturali o soltanto terribilmente umane, pronte a sconvolgere tutti i piani migliori.


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