Waiting for Godzilla – Apocalypse Now (reposted from Young Artists)

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Spoken word ed elettronica si tengono per mano nel progetto di Gugliuzza, Palmieri e Toller.

È incredibile l’attenzione che sta ricevendo la poesia nell’ambiente underground e non. E allora basta percepirla come una forma di espressione accademica ed elitaria, bisognerebbe avere il coraggio di riportare la sua cruda essenza (spesso oscura e inevitabilmente politica) anche nelle serate di intrattenimento e musica dal vivo.

Fortuna che ci sono ragazzi come i Waiting for Godzilla che non si limitano a sbandierare buoni propositi, e dicono la loro in tema con già all’attivo due EP.

Ma cerchiamo di procedere, con un po’ di ordine.

Attendendo Godzilla

Il progetto di musica elettronica e poesia Waiting for Godzilla nasce nel 2016 dall’incontro tra Nicolò Gugliuzza e Tab Palmieri.

Nicolò è poeta, performer e scrittore; Tab è invece musicista e compositore. Entrambi vivono e studiano a Bologna ma sono molto legati a Firenze, città originaria di Tab e meta di concerti e iniziative.

Francesco Toller invece è un artista visivo che si occupa di tutta la componente visiva/grafica del progetto. A gennaio del 2016 pubblicano il primo EP di 5 brani “La stirpe della cassa distorta”, mentre a distanza di poco più di un anno pubblicano il secondo EP, “Apocalypse Wow”, di 5 brani.

“Ho perso la testa”, è la confusione del mondo contemporaneo, quel rumore che è condizione base di ogni nostra azione ed esperienza, e che costringe a stare intirizziti, con gli orecchi tesi. “Amico mio ti invito a resistere”

“Etna” ha un beat veramente figo, grazie a una chitarra ossessiva e ai sub che sorprendono sulle tempie con i loro colpi. Forse la traccia migliore a livello di interazione tra musica, testo e atmosfera ricreata.

“Ricordi di Eden” va più diretta al punto, con una traccia che ricorda i Ratatat. C’è un contrasto forte tra strofa e ritornello, poi un parlato intimo in coda che carica come una fionda lo sfogo sul finale.

“Apocalypse Wow”, traccia omonima del disco si apre con un campionamento del TG. L’attacco del testo diventa l’inno di una generazione. Una spruzzata malinconica di zucchero a velo.

“Lontano da me”: anche qui come Apocalypse Wow, Lontano da me affronta una tematica contemporanea: il peso della propria persona e del proprio ego, o anche un aggrapparsi con le unghie e con i denti agli ultimi bagliori dell’adolescenza.

Con i WFG, musica e parole vogliono unirsi mantenendo la propria sovranità ed espressione: un incontro tra due unità, non due metà. Perché ora i versi corrono a briglia sciolta, ora vanno a dare supporto al ritmo e vengono quasi rappati, ora liberano il proprio potenziale fonetico e diventano stracci di suoni sopra altri suoni.

Lo scambio del parlato forse può essere migliorato, proprio a livello di volumi, perché a volte è solo la musica a introdurre un cambio di intensità (ma va anche detto che questo potrebbe essere un passaggio obbligato del genere spoken word).


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