The Prodigy- The Day is my Enemy (reposted from Tsinoshi Bar)

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Il caso non esiste e anche certa musica sembra letteralmente aggredirci nei momenti più opportuni. Sul serio, cosa è meglio ascoltare quando si è sordi dalla rabbia? The Day is my Enemy potrebbe costituire un ottimo suggerimento.

L’ultimo disco dei Prodigy è davvero rage inside, per cui non aspettatevi una passeggiata: Liam Howlett, storico fondatore ed icona del gruppo, ha descritto la release come “estremamente violenta e arrabbiata”. Della serie, correte veloci ai ripari. 

The Day is my Enemy dei Prodigy è il sesto album forgiato dall’arsenale di Essex, il diretto successore dell’ormai stra-cult “Invaders must Die”, nonché il lavoro con cui i Prodigy confermano e festeggiano una longeva carriera (ben venticinque anni di attività!). Quello che ci consegnano stavolta è un massiccio concentrato di breakbeat, punk, drum and bass, dubstep, cioè tutto il brutal  della migliore musica underground.

Il trittico inaugurale composto da “The day Is My Enemy”, “Nasty” e “Rebel Radio” sfoggia subito i muscoli, mentre “Ibiza” è un’invettiva che si scaglia pesante contro tutta la DJ Culture (a conferma che i Prodigy sono e ci tengono ad essere ricordati soprattutto come un gruppo live). Un’apertura misteriosa esplode in una ritmica d’n’b super fogante: è “Wild Frontier”, linee taglienti di synth e follia animale a pacchi, una delle migliori tracce dell’album. Non si riesce a smettere di scuotere la testa sulla vigorosa “Rok-Weiler”, anche se sarebbe meglio risparmiare le forze per “Rhythm Bomb”, una concreta bomba incendiaria che brucia anime e corpi. 

Sfrecciare a velocità impensabili diventa un imperativo con “Roadbloax”, mentre “Get Your Fight On” combina con successo l’impeto delle chitarre distorte con i lead synth di mr. Howlett: il risultato è un vero e proprio tributo agli aggressivi anni novanta. Singolare l’atmosfera pregna di oscurità che si crea con “Invisible Sun”,  beattone trip-hop ad ampio respiro, uno dei pochi che viaggia sotto i 130 bpm. Finale in impennata grazie a “Wall of Death”: se già il titolo non promette niente di buono, la traccia poi è degna di uno scontro decisivo senza esclusione di colpi. Come se non bastasse, sulla chitarra sporchissima di “Rise of The Eagles”sembrano arrivare le aquile: probabilmente per salvarci, più probabilmente per assestare il definitivo K.O.

“The Day is my Enemy” svolge bene il suo adrenalinico lavoro ma non aspettatevi grandi innovazioni, il sound è quello classico, semmai ancora più definito, incazzato e punkeggiante. Sono insomma i Prodigy che fanno i Prodigy. Ma questo non dispiace affatto, anzi fa enormemente piacere che una delle pietre miliari della musica elettronica riesca a non scalfirsi con il passare del tempo.

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